Omphalos Arcigay Arcilesbica compie 22 anni e festeggia alla grande con tantissime persone che, per una sera, hanno riempito la sede di risate, musica e colori.
L’impegno che ognuno di noi ha messo e mette per l’associazione diventa soddisfazione quando la risposta della comunità gay e non si unisce e festeggia con noi tanti anni di battaglie per i diritti civili di tutte e tutti.
Un altro anno è passato e il nostro augurio è che ne vengano ancora molti, moltissimi altri.
Dopo questa bellissima serata di festeggiamenti, vi lasciamo con un pensiero di un nostro volontario di sempre, che ha voluto condividere un pezzetto di storia con noi.
Grazie a tutt* e alla prossima!
«Quando 22 anni fa Roberto, il presidente del gruppo gay “Solidarietà Totale”, mi disse che saremmo diventati circolo Arci, quasi non ci credevo. Quanta strada avevamo fatto in un solo anno!
La sede, quell’appartamento dei palazzi Apollo che Roberto aveva affittato a sue spese per il Solidarietà Totale, ora era davvero meglio organizzata.
Ero di turno alla linea telefonica del “telefono amico” quella sera. Avevamo messo l’ennesimo annuncio pubblicitario su Cerco&Trovo per far conoscere gli orari della linea telefonica e quella sera avrò ricevuto 40 chiamate. Un ragazzo proprio non riusciva ad accettarsi e non trovava il coraggio di venire in sede, erano settimane che (regolarmente) stavamo al telefono…
Avevo 22 anni, militavo da un anno in Solidarietà Totale, ma provenivo dal “Fen Tao” e prima ancora dal “Voyeur”. Altri gruppi, altri modi di affrontare la cosa… ma c’era sempre una costante: ero sempre il più piccolino, al Fen Tao la mascotte del gruppo. Che palle non trovare mai coetanei con cui confrontarmi!
Cavolo se erano cambiate le cose… Solo un anno prima mi trovavo alla scuola militare di Viterbo e sul solito Cerco&Trovo avevo notato un annuncio nuovo, un piccolo annuncio a pagamento che spiccava tra gli “annunci personali”. Diceva: “Solidarietà Totale. Nuovo gruppo gay formato a Perugia, già oltre 200 iscritti! Per informazioni rivolgersi al numero telefonico…”. Non potevo crederci! Che diavolo era successo alla mia Perugia? I gay erano esplosi di colpo??
Tornai subito a Perugia con una licenza, avevo ancora l’uniforme addosso e quando mi presentai alla porta del Solidarietà Totale alcuni dei gay più attempati pensarono ad una retata… Del resto ne avevano viste talmente tante anni addietro!!!
Non era mica vero dei 200 iscritti, ma da li a poco la curiosità stimolata da quell’annuncio ce li fece diventare sul serio. Roberto aveva avuto intuito!
Roberto era un signore molto più grande di me, una delle persone più belle che io abbia mai conosciuto. Sapevo poco di Roberto, non mi parlava mai del suo passato. Il suo accento tradiva origini marchigiane (mi pare di ricordare), ma poco altro sapevo. Era arrivato a Perugia e improvvisamente aveva creato un sacco di roba. Solo dopo la sua morte scoprii che aveva moglie e figli sull’Adriatico. Eppure eravamo talmente amici…
Si muoveva senza paura tra le istituzioni, i partiti, gli uffici. Addirittura aveva preso contatti con un ragazzetto politicamente impegnato, un certo Wladimiro Boccali. Ma, in quegli anni, chi non era politicamente impegnato? Bastava transitare in via Alessi e in via della Viola per esserlo. Erano davvero gli anni dei centri sociali, erano gli anni dello “zoologico”.
Quella sera mi disse che diventare Arci ci avrebbe permesso di accedere a dei finanziamenti, il comune ci avrebbe concesso una sede, in qualche modo saremmo diventati un soggetto politico. Tanta roba…
Cavolo se erano cambiate le cose in un solo anno…
Quando entrammo per la prima volta nella sede di via Fratti ci fu emozione. Era un luogo sporco, cadente, le pareti erano imbrattate e c’erano sacchi di immondizia dappertutto. Pile di vecchie sedie utilizzate da qualche altra associazione di sinistra, finestre dai vetri rotti a cui erano stati messi cartoni, un odore nauseabondo, da qualche parte capeggiava ancora qualche vecchio poster di Che Guevara. Ma era LA NOSTRA SEDE ed era diversa da quell’appartamento dei palazzi Apollo, questa ci veniva data nientepopòdimeno che dal Comune!
Ora davvero esistevamo, eravamo riconosciuti, considerati. Ora potevamo davvero far riferimento ad un organismo più grande, che ci avrebbe dato linee di indirizzo, che ci avrebbe guidati. Non eravamo più isolati, facevamo parte di “una rete”.
Ci dissero che avremmo dovuto dividere il piano con un altro gruppo. Ma chi cavolo erano questi? Etnia strana per noi, ci guardavamo con sospetto. Quando venivano si rinchiudevano nel loro ufficio, mai capito cosa facessero li dentro… Quando crescemmo a dismisura smisero di utilizzare la loro sede e pian piano ci appropriammo anche di quella!
Anche allora ci dividemmo in gruppi di lavoro, alcuni di noi continuarono ad occuparsi dell’accoglienza delle nuove leve, del telefono amico, altri orientarono il loro lavoro sulla terribile piaga dell’Hiv, che purtroppo era giunta da qualche anno anche a Perugia.
Ora non lavoravo più al telefono amico, mi occupavo del bar dell’arci e delle serate in discoteca. A volte erano davvero colme di gente, si lavorava da matti… Ci inventammo la “spaghettata di mezzanotte” e nelle calde serate estive chi faceva vasche in centro si fermava di sicuro per un piatto in compagnia. Quanta gente!!!
Ci impossessammo di tutte le stanze che non erano utilizzate e buttammo giù tutte le pareti che potemmo. Ci lavorammo da matti, tutti misero a disposizione degli altri il proprio mestiere o le proprie capacità, così mi ritrovai con una mazza in mano ad abbattere, insieme a Roberto, l’ennesima parete. Altri amici si occuparono di rimettere mattonelle, di sistemare gli impianti, di rimettere in funzione i vecchi bagni.
Decorammo alcune pareti con murales enormi e alla fine la sede era davvero bella! Il murales più bello era in quella che sarebbe diventata la discoteca interna dell’arci, quell’enorme stanza ovale che chiamammo “Omphalos”.
Ovunque tavolini da bar, candele sempre accese, musica di sottofondo. Un ambiente con luce soffusa, caldo, accogliente. Nessun posto era più bello della sede di via Fratti…
A volte la gente era eccessiva, il casino era tanto e il tizio di fronte inveiva dalla finestrella che si affacciava sul nostro terrazzo. Chiedevamo ai soci di fare piano, ma le risate erano troppe! Ma come fai a non ridere se ti trovi sulla terrazza di Arcigay ed hai davanti un tizio che starnazza da una finestrella?
Non dimenticherò mai Roberto, il suo coraggio, la sua visione. Se oggi fosse ancora con noi sarebbe straorgoglioso di quello che è diventato il suo progetto.
Grazie Robi, ancora una volta dedico a te questo compleanno…»
Michele