L’Olocausto degli ebrei europei fu l’aspetto più tragicamente macroscopico del pensiero razzista portato alle sue estreme conseguenze. L’intolleranza verso “il diverso da se” che è l’elemento fondante di ogni razzismo venne applicato in primo luogo verso gli ebrei ma non soltanto verso di loro. Il numero delle vittime ebree e la scientificità con la quale i tedeschi perseguirono lo sterminio totale ha meritato l’uso del termine “Olocausto”, oggi con più esattezza denominato “Shoah”.
A fianco dell’Olocausto si manifestarono altri orribili crimini frutto di quello stesso razzismo che generò la “Soluzione Finale”. Altri gruppi di individui, altre etnie vennero individuate come inferiori dai nazisti e contro di esse furono perpetrati crimini abominevoli. In primo luogo i nazisti considerarono “inferiori” i popoli slavi e ciò si tradusse nel tentativo di annientamento dei polacchi e nell’assassinio – in disprezzo di ogni regola di guerra – di circa 2.000.000 di prigionieri di guerra russi.
In secondo luogo l’intolleranza razzista si esercitò verso i deboli: i malati di mente, gli incurabili, i disabili. Per queste persone venne varato il “Progetto T4”, meglio noto come “Progetto Eutanasia” che condusse alla morte circa 70.000 cittadini tedeschi. La stessa idea secondo la quale esistevano “vite indegne di essere vissute” portò alla persecuzione in tutta l’Europa occupata dei Sinti e dei Rom, vale a dire degli zingari che a decine di migliaia vennero fucilati o mandati alle camere a gas dei campi di sterminio. Infine il razzismo tedesco si volse contro gli omosessuali contro i quali il secolare pregiudizio era ben radicato nella società tedesca.