Sono ormai passati troppi anni da quando il movimento di liberazione omosessuale ha intrapreso la battaglia sul terreno dei diritti civili e mentre in tutta Europa i nostri amici festeggiano le conquiste di civiltà dei propri paesi e si preparano a nuovi orizzonti e nuove battaglie, in Italia c’è il vuoto assoluto.
In questi anni abbiamo creduto nei partiti e nella politica italiana, abbiamo creduto che fossero veramente soggetti di cambiamento con i quali poter ragionare per costruire un futuro nuovo, inclusivo e di diritti. Abbiamo dato tanto alla politica: persone, idee, forza, ma da essa abbiamo ricevuto poco.
Siamo stati ingenui. É giunto il momento di presentare il conto, è giunto il momento di esigere i nostri diritti. Lo dobbiamo principalmente alle persone che hanno creduto e che ancora credono in noi, a tutti quelli che hanno abbandonato la battaglia sotto il peso della delusione e della rassegnazione, lo dobbiamo a chi, stanca o stanco, è ancora qui a combattere, a noi stessi, ed ai tanti che si sono aggiunti in questi anni: donne e uomini che vogliono essere protagonisti di un mondo più giusto.
La classe politica italiana, troppo spesso non all’altezza di guidare questo grande Paese, non ha saputo cogliere la novità e la portata della legge sui PACS (Patti Civili di Solidarietà) che rimane un ottimo strumento utile a normare le scelte di convivenza al di fuori del vincolo matrimoniale.
Crediamo che abbandonare quella proposta di legge sia stata un occasione di progresso persa da tutto il Paese. Vogliamo però essere chiari, i Di.Co. (Diritti dei Conviventi) non ci rappresentano e non sono per noi, riteniamo anzi offensivo da parte dell’attuale Governo aver prodotto un testo di così basso profilo, così attento alle esigenze del Vaticano, uno stato estero, invece che alle esigenze espresse dal movimento LGBT, cittadini di questo Paese. Il nostro orizzonte resta chiaro e limpido, come è sempre stato.
Esso è racchiuso in due espressioni che hanno da sempre guidato il movimento di liberazione omosessuale in Italia e nel mondo: “pari dignità, pari diritti”. Su questo orizzonte spendiamo le nostre azioni e la nostra iniziativa politica, su questo orizzonte non siamo più disponibili a mediare. Quest’anno sarà un anno di mobilitazione permanente.
Abbiamo iniziato il 14 febbraio in piazza a Perugia portando tante e tanti innamorati senza diritti, poi la grande manifestazione del 10 marzo a Roma per dare la sveglia alla politica italiana. È nostro preciso dovere, nonché nostra ferma intenzione, continuare la mobilitazione nelle piazze e tra la gente, con manifestazioni ed iniziative sia nazionali che locali, finché dai palazzi del potere non arrivi un pieno riconoscimento dei nostri diritti.
Anche se la piena parità dei diritti si otterrà solo attraverso una normativa nazionale, la nostra azione si dovrà concentrare anche a livello locale, sia per produrre una spinta positiva dal basso nel processo legislativo nazionale, sia per intervenire negli ambiti di competenza locale e riuscire a declinare l’espressione “pari dignità, pari diritti” in tutte le sue forme.
Dobbiamo quindi essere in grado di riprendere con forza il progetto “Un registro in ogni comune”, per far approvare in ogni comune dell’Umbria il registro delle unioni civili e preparare il terreno per la discussione che si terrà a livello nazionale. Contestualmente è importante continuare l’azione di pressione e di vigilanza sulla proposta di legge regionale sulle unioni civili, presentata in Consiglio Regionale nel febbraio 2006 ed ancora ferma in commissione, partecipare ai momenti di audizione pubblica che la commissione regionale individuerà.
Altri importanti appuntamenti locali che dovranno scandire la nostra agenda di pressione politica sono: l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, gli interventi nel campo della sanità, dell’istruzione pubblica, le politiche giovanili, ecc. Su tutti questi argomenti è importante vigilare affinché sia rispettata la parità di diritti dei cittadini e delle coppie omosessuali, utilizzando anche il nuovo Statuto Regionale che agli articoli 4 e 9 mette in evidenza chiari principi di non discriminazione e di tutela.