Figli e figlie di genitori gay. Di una sola metà del cielo.

 

 

Federica Bruni, 34 anni, infermiera, descrive la faticosa scoperta e poi la conquista di un amore gay, dopo una vita eterosessuale, un matrimonio, la separazione, la messa al bando dalla famiglia e le minacce dell’ex marito. “Arianna sa che per me Cecilia è un affetto grande, adesso dice che ha due mamme, ci vede dividere il letto matrimoniale come prima lo dividevo con suo padre. Certo per lei l’amore resta quello tra un uomo e una donna, mi sembra naturale che sia così… Sa anche che presto arriverà un altro bambino, Cecilia ed io andremo a Copenaghen e Cecilia farà l’inseminazione artificiale con il seme di un donatore: saremo una famiglia a tutti gli effetti, anche se per la legge italiana il nostro bambino sarà soltanto figlio di Cecilia, lo Stato riconosce unicamente il padre o la madre “biologici”. Io semplicemente non esisto”.

Federica tocca il cuore del problema, quello che ha portato Giuseppina La Delfa, docente di francese, trapiantata in Italia da 19 anni in un minuscolo paesino vicino ad Avellino e mamma di una bambina di 5 anni, a fondare insieme ad altri genitori le “Famiglie Arcobaleno”. “Siamo migliaia ma c’è ancora una gran paura a mostrarsi, a dichiararsi. In “Famiglie Arcobaleno” siamo circa 500 tra adulti e bambini, quasi tutti i nostri figli sono nati “nella coppia”, con la fecondazione assistita per le donne, attraverso il seme di un donatore o di un amico, e con le “maternità surrogate” per i maschi. La mia compagna Raphaella ed io siamo andate in Belgio, nel centro “Azvub”, volevamo che fosse lei a portare avanti la gravidanza, ma c’erano dei problemi e così è toccato a me… La cosa assurda però è che la mia compagna per la legge italiana non può prendersi cura di nostra figlia, se io morissi la bambina resterebbe sola pur avendo un altro genitore…”.