Alfredo Ormando è morto. Non lasciamolo morire due volte!

In un silenzio assordante Alfredo Ormando è morto.

In questo fastidioso vuoto di attenzione e di sensibilità la sua morte rimane nel più fangoso dimenticatoio da parte di tutti i media e di ogni partito politico.

Eppure undici anni fa Alfredo Ormando si diede fuoco pubblicamente.

Lo fece a Roma, anzi in Vaticano.

 

Scelse la piazza San Pietro, quella su cui ogni domenica mattina si affacciano i papi.

Scelse quel luogo per rovesciarsi addosso una tanica di benzina ed accendere un fiammifero che con una fiamma alta e inestinguibile gli strappò lentamente la vita.

“Alfredo era un uomo sofferente”, si sarebbe detto dopo il suo decesso.

Ed infatti soffriva. Ma ai maliziosi che insinuavano che sotto sotto fosse un pazzo, che dentro di lui ci fosse una personalità psichiatrica, che in quel corpo si muoveva il seme della patologia dei comportamenti, non resta che il vuoto delle proprie inutili convinzioni. Alfredo non era matto: è stato spinto al suicidio dall’omofobia!

Il 13 gennaio 1998 sulla piazza San Pietro moriva suicida un uomo omosessuale e credente. Moriva lì e in quel modo, proprio in quanto omosessuale e credente. La purezza dei suoi sentimenti e la trasparenza accogliente della Parola che animava la sua fede, si scontravano con l’oscurantismo delle gerarchie vaticane che quel sentimento religioso intenderebbero interpretare.

La Chiesa di Roma, erede della croce di Cristo, era quella che lo spingeva alla colpa, quella che gli omosessuali come Alfredo si ostinava e si ostina a definire “contro natura”. Per il Vaticano Alfredo – e le persone omosessuali come lui – era portatore di un sentimento “nocivo per il corretto sviluppo della società”. Eppure il suo Dio diceva altre cose: quello di Alfredo Ormando era un Dio di amore, di accoglienza. E lui era fiero di essere se stesso, era fiero della sua fede e anche della sua omosessualità.
La morte, così dura e assurda, ha messo fine alle sofferenze che una Chiesa cieca e violenta gli ha inflitto.

Il Circolo Arcigay Arcilesbica Omphalos di Perugia non vuole far morire Alfredo due volte. Nella giornata di martedì 13 gennaio 2009, undicesimo anniversario della morte di Alfredo, ci limitiamo a pensarlo, a ricordarlo, a non trascurare le enormi sofferenze che genera lo scontro fra le religioni e l’omosessualità.

In questa giornata pretendiamo ricordare che Alfredo muore per una colpa gravissima, che è l’omofobia. E lui non è che una delle moltissime vittime che l’omofobia – malattia sociale sconcia e vergognosa – provoca continuamente in ogni angolo del pianeta.

 

Roberto Mauri
Circolo Arcigay Arcilesbica Omphalos Perugia