Mamma Perugia: orgogliosi di essere gay

Attraverso la voce della presidente del Circolo Omphalos, Patrizia Stefani, viaggio nella comunità varia LGBTQ di una provincia speciale.

C’è una città di provincia in Italia, lontana dal mare e dalle metropoli, dove la comunità LGBTQ vive da 18 anni una grande ricchezza umana e relazionale, grazie soprattutto la poliedricità e all’impegno di Omphalos, circolo che lavora nel territorio di tutta una regione e fonde insieme i due comitati ArciGay e ArciLesbica.

Per scoprire i segreti di questa integrazione alternativa che dimostra quanto anche in Italia sia possible cambiare dal basso la società, abbiamo rivolto alcune domande alla super-Presidenta di Omphalos, Patrizia Stefani, meglio conosciuta come Mamma Perugia.

 

 

Mamma Perugia, da dove nasce questo bellissimo nome e come te lo sei guadagnato in questi anni?

E’ stato Aurelio Mancuso a chiamarmi così in uno dei nostri primi incontri, forse aveva notato la disponibilità e le attenzioni che avevo verso i/le ragazzi/e dell’associazione, …e… che ero la più … insomma quella nata prima! Comunque mi piace perché rende bene lo spirito con cui faccio le cose ed ho sempre a mio fianco il “padre” dei nostri “bambini”, l’amato SuperPippo (Gian Pietro Bucciarelli presidente del Comitato Provinciale ArciGay Omphalos).

 

Raccontaci un po’ della tua vita oltre l’associazione, delle tue passioni e della tua storia d’amore che dura da molti anni…

Sono andata a vivere da sola nell’82, nel mio paese di origine era impossibile esternare la mia natura. I miei genitori vivono ancora lì e li vado a trovare un giorno a settimana, ho una sorella che vive a Padova e due nipoti bellissimi (ovviamente!!). Sono una “geometra del Comune” e il mio tempo libero è per l’Omphalos.

Il mio amore è parte di me, è una storia che è iniziata ad agosto del 1995, la mia compagna è fantastica, insieme abbiamo coltivato questo amore affrontando anche momenti difficili, la ricetta credo sia la condivisione totale. Da poco vivo con lei in uno splendido casale con altre tre coppie gay.

 

Anche se magari qualche anno è passato, hai voglia di raccontarci quando e come è stato il tuo primo coming out? 

 

Non ho mai parlato della mia natura con nessuno fino a che non ho avuto la prima relazione con una donna (non ero più una bambina avevo già 23 anni). E’ successo una sera in discoteca ed è stato con la mia amica del cuore, la quale diceva che “mi vedeva strana”. Le ho confessato la cosa, è stato molto emozionante, lei l’ha presa bene e siamo ancora e felicemente amiche.

Poi dal ’94 quando sono entrata nell’associazione tutto è stato più facile.

 

Per chi arriva da fuori come me, l’impressione nel conoscere il gruppo di persone di Omphalos, è quello di vedere incarnata la definizione di Massimo Consoli di Comunità Varia. È davvero così? 

 

La prima cosa nell’associazione è essere consapevoli che l’unico elemento che ci accomuna è la nostra identità sessuale, siamo in fondo tutti profondamente diversi, di fatto uno spaccato di società. Accertato questo, occorre avere un progetto comune nel sociale e le differenze cominciano ad affievolirsi, o per lo meno le si valorizza.

Quindi si cominciano a fare le cose insieme, cercando di mettere in primo piano solo il progetto comune, anziché gli interessi personali; qualche volta si discute “animatamente”, qualche volta ci si abbraccia per un’iniziativa venuta bene, ogni tanto una scampagnata tutti insieme e la Comunità Varia diventa Omphalos a servizio di tutti.

 

Omphalos ha organizzato l’ultimo Congresso nazionale Arcigay. Cosa resta di quell’esperienza dopo 6 mesi? 

 

E’ stata un’esperienza bellissima, sapevamo che era un congresso difficile, e siamo dispiaciuti che ancora oggi ci siano dei conflitti all’interno del Consiglio nazionale. Sono rimasta strabiliata dalla preparazione e la capacità di risolvere i problemi da parte di Matteo, Federico, la nostra Giuliana, i ragazzi di Bologna e i nostri volontari, veramente tutti insostituibili.

Ci porteremo dietro questa esperienza come un bellissimo ricordo, abbiamo conosciuto tante belle persone e lavorato in sinergia, uniti nelle differenze e nelle diverse abilità.

 

E poi avete il Dancing Queer, più di una festa, più di un ritrovo, più di una serata musicale…

 

Per rendere le cose meno pesanti bisogna sempre unire l’utile al dilettevole, tre anni fa il proprietario di un locale mi ha proposto l’idea di serate queer, mi sono consultata con il direttivo e siamo partiti a tutta birra, il successo è crescente e in discoteca riusciamo a veicolare messaggi ed entrare in contatto con persone che in associazione non vengono mai.

E’ una bellissima esperienza, un po’ faticosa, ma ci permette di pagare affitti e utenze senza problemi e ormai fare le 6 di mattina con Daniele, Stefano, Tisza e a rotazione altri volontari, è quasi un piacere e una grande soddisfazione!
Uno degli aspetti più piacevoli è che la serata non è più solo un mezzo per racimolare i soldi che poi possono essere impiegati in spese di vario tipo (gestione della sede, organizzazione di manifestazioni, donazioni per scopi umanitari ecc.), ma è un luogo di ritrovo per tutti quelli che, a vario titolo, tengono all’associazione e lavorano in e per essa. 

Il Direttivo al completo, chi con maggiore e chi con minore assiduità, è impegnato nel veicolare i messaggi cari all’associazione all’interno delle serate frequentate da persone che altrimenti non siamo in grado di intercettare. I ragazzi più estrosi animano le serate, sotto l’ala creativa della nostra Nikita Drag Queer.

Sullo schermo scorrono le foto delle nostre iniziative, dai Pride, alla Sagra del Finocchio, dalle manifestazioni di commemorazione delle persone abusate o uccise per la loro identità… Al microfono Nikita incalza con i suoi: ”orgoglioso di essere gay … mettete le cinture di sicurezza…non guidate se avete bevuto….usate il preservativo”, ai suoi piedi dai tacchi vertiginosi, etero, gay, trans, lesbiche e chiunque senza nessuna etichetta, balla e passa una serata in colorata compagnia.

 

A volte portate i vostri spettacoli drag e i vostri messaggi di visibilità in spazi altri, da un centro commerciale al più grande festival musicale della Regione. Cosa rappresenta questo Pride quotidiano per una società come quella umbra? 

 

La gente va “educata”, se ci nascondiamo non sapranno mai quanto siamo meravigliosi. Noi abbiamo la fortuna di avere StefanoBarman che, oltre a coordinare il piccolo bar della sede, scorrazza per locali con l’intento di ideare serate con l’insostituibile aiuto di Michele (Nikita) che è sempre disponibile e geniale nelle sue performances, il nostro grafico Daniele che colora i muri perugini con le nostre locandine gaie.

I perugini cominciano ad abituarsi ad averci tra i piedi e noi a stare con le nostre istanze, i nostri colori e la richiesta dei nostri diritti, in mezzo a loro.

 

Di tutte le attività che avete organizzato negli ultimi anni, ce n’è una che ricordi con particolare Orgoglio? 

 

Oddio una è troppo poco! Ci sono alcune iniziative che mi hanno inorgoglita profondamente e mi ha fatto amare sempre di più l’associazione e i/le ragazz* dell’Omphalos e sono:

1) la celebrazione del decennale nel 2002: una settimana di eventi e spettacoli meravigliosi (è stato il momento in cui ci siamo resi conto che la nostra esistenza non era un caso, abbiamo preso coscienza che avevamo una storia e una missione anche da portare avanti per il futuro. Ci siamo finalmente affacciati verso l’esterno, verso la nostra città, siamo scesi nelle strade e nelle piazze, eravamo per la prima volta fieri di esistere);

2) la nascita del comitato provinciale e il Congresso Nazionale: sono stati i momenti politici più importanti, (quelli che hanno coinvolto le sale più belle della nostra città e che ci hanno aperto verso il nazionale che guardavamo con timoroso rispetto).

Inoltre il Transnovember dello scorso anno: eravamo in pochi, faceva veramente freddo in Corso Vannucci, il bellissimo corso della nostra città. Noi, i volontari dell’Omphalos, e pochi curiosi e turisti. Sotto il gazebo bianco illuminato dalle fiaccole, Eva, la nostra biondissima trans legge con gli occhi ornati dalle lenti azzurre i nomi delle sue consorelle mutilate ed uccise.

I nostri occhi si riempono di lacrime di commozione, la tramontana gelida li asciuga mentre la lista è interminabile. Stringiamo tutti i pugni, non sentiamo più il freddo pungente, sentiamo solo la voglia di fare qualcosa, di interrompere questa lista di assassini e di violenze. Fissiamo il musetto del volpino di Eva, la morbidissima Whinny, che guarda impassibile la sua mamma e noi e ognuno di noi promette, in cuor suo, di fare il possibile perché l’anno prossimo, lo stesso giorno di novembre, quella lista possa essere più breve, possa un giorno sparire!

Poi che dire del fatto che l’animazione in discoteca l’hanno fatta proprio loro, le ragazze di Via Settevalli erano fantastiche!! A distanza di un anno sono lì tutti i venerdì, propongono spettacoli e alcune sono venute con noi al Pride di Napoli.

 

Dalla celebrazione del TDOR alla recentissima elezione della prima Miss Trans Umbria… come riuscite a portare avanti politiche di inclusione per le persone transgender?

 

Per questo aspetto devo ringraziare la nostra Giuliana, i suoi * da mettere in fondo alle parole, alla sua “T”, che ci ha permesso di affacciarci in questo universo parallelo, poi la mia ex vicina di casa, Eva, che ha voluto in parte condividere con noi il suo percorso personale e riavvicinarsi all’associazione come trans.

La nostra politica è quella di includere chiunque abbia voglia di costruire qualcosa insieme e con noi, senza negare aiuto, qualora necessario, a chi ci sta “lontano”. Poi abbiamo dato voce e spazio ad Eva, che a sua volta ha portato davanti ai riflettori persone che troppo spesso vengono associate solo al mondo della notte.

 

So che non è facile in poche righe, ma l’ultima cosa che ti chiedo è un ringraziamento a tutte le “tue” ragazze e ai “tuoi” ragazzi e un invito alla partecipazione per chi ancora non conosce Omphalos. 

 

E’ vero che non è facile ringraziare e esprimere ciò che sento: un grande calore ogni volta che penso “ai miei bambini”, TUTTI, da quelli che mi sono più vicini, i semplici fruitori dei nostri servizi a quelli che purtroppo non ci sono più, a quelli che mi fanno alterare ma che non vorrei cambiare.

Ringraziare tutti loro è davvero la cosa più semplice per me, perché sono loro a portare avanti l’Omphalos e a permettermi di essere oggi quello che sono, Mamma Perugia. Per chi non ci conosce vorrei che passassero con noi almeno una giornata e che sentissero il calore e la disponibilità della nostra famiglia allargatissima.

Intervista di Matteo Ricci tratta da Gay.tv