Perugia, 05/11/2007
Cara Raffaella Milione, ho letto il suo articolo (riportato di seguito, NDR) su IMGPress dal titlolo “Storia bisex: dal Giappone a Perugia…” e ho avuto accesso al carteggio fra lei e la signora Patrizia Stefani, presidente del circolo Arcigay Arcilesbica Omphalos di Perugia. Vorrei fare alcune considerazioni senza la pretesa di dare suggerimenti ad una intelligenza raffinata come la sua. Per cominciare vorrei far sapere alla sua amica Takeda che le porto tutta la mia solidarietà.
La sua vita di fatiche e dolori, la convivenza con un padre alcolista e la scelta finale di allontanarsi da casa mi toccano molto. Lei però dovrà ammettere che la sua giovane amica giapponese ha avuto una fortuna senza paragoni quando ha scoperto di poter contare su di lei. Certo, Perugia sarà quel che sarà, ma si possono trovare amiche ragionevoli che scelgono di portarti a vivere una serata “diversa” in un circolo gay e lesbico. Mica male, no?
E poi, sempre a Perugia, si può scoprire che quel circolo è aperto a tutti, anche agli etero, a condizione di versare cinque o otto euro all’anno. Cosa che molti etero fanno (e per fortuna anche diverse persone omosessuali). Spettacolare, no? Peccato che qualche volta il nostro accompagnatore fra le meraviglie perugine non la racconti tutta fino in fondo e quindi il non poter entrare all’Omphalos sembra una violenza. Sono certo che se a Takeda fosse stato spiegato che il circolo Omphalos di Perugia – ci piaccia o no – è un club privato, lei avrebbe capito.
Sono sicuro che Takeda avrebbe afferrato senza sforzi che trattandosi del punto di incontro di una associazione, lì dentro entrano solo gli associati. E presumo che a queste condizioni versare la quota di iscrizione non le sarebbe pesato molto, se davvero le interessava entrare proprio in quel luogo. D’altra parte la prossima volta, signora Raffaella Milione, può sempre provare a portarla a un incontro degli scout o se preferisce a una festa privata in discoteca e si accorgerà che lì di entrare, tessera o no, non se ne parla. “I due minotauri con la patata sprecata…”… andiamo!
Tutto quello che diciamo, facciamo e pensiamo rappresenta quello che siamo. Non voglio credere che una persona dall’intelligenza brillante come la sua non trovi di meglio da fare che insultare due ragazze che stanno all’entrata di un circolo privato del quale sono socie, (quindi iscritte e pertanto hanno in tasca la necessaria tessera), e che hanno il compito di non lasciare entrare chi non è in linea col regolamento. Per intenderci, quella sera, il loro dovere era di non permettere a lei e a Takeda di entrare, salvo esibire o sottoscrivere una delle tessere che vi sono state proposte. Hanno fatto il loro dovere e in cambio vengono trattate da “minotaure con la patata sprecata”?
Che caduta di stile riprovevole! Mi permetta di darle un consiglio: con la bella prosa che le appartiene, scriva due righe di scuse e le indirizzi alle “monotaure” Eleonora e Giuliana! Circa la questione dei ghetti, mi lasci dire, non accettiamo lezioni da nessuno. Ghetto, per chi conosce la lingua italiana, è un posto nel quale si è costretti alla segregazione. Se scelgo da solo di stare con chi mi è più affine, non sono in un ghetto ma in una libera associazione di persone. Non si tratta di isolarsi, ma di incontrarsi con chi preferisco e mi preferisce. Questo lei lo sa, non è vero? La signora Patrizia Stefani forse non saprà leggere né scrivere, come lei insinua. Però è capace di ascolto, sa riconoscere le regole e le rispetta.
Di lei invece, cara Raffaella Milione, forse qualcuno dirà che scrive come se non avesse fatto altro nella vita ma se fatica a capire un concetto semplice come quello che “le minotaure” e la signora Stefani hanno cercato di spiegarle, allora – mi dia retta – sarà certamente meglio andare a bersi una cosa al Rock Castle con la speranza di trovare “qualcuno che offra un paio di cicchetti, prima di farsi dimenticare al bancone con un nuovo numero di telefono”.
Roberto Mauri
Arcigay Arcilesbica Omphalos Perugia
LA STORIA BISEX DAL GIAPPONE A PERUGIA SE NON HAI LA TESSERA NON ENTRI, OGAY?
La Signora Mineko ha pianto così tante volte per i casini di sua figlia Kayo che non le rimaneva altro che buttarsi dalla “ginestra”. O al limite spedire la figlia in Italia. Sola andata. L’ha deciso il timido babbo Takeda che si fa una santa sbronza ogni sera. E si fa ridere in faccia dalle figlie mentre la bella Mineko rotola nel letto. Mineko è una ex modella della Shisheido. Ora fa la commessa ed è ingrassata un bel pò. Babbo Nobuyuki lavora in un’impresa di import/export di navi ed è tanto innamorato di sua moglie. Mai le corna e mai la voce grossa con le figlie. Ai giapponesi non piace il casino, così come non usano la gestualità isterica di noi occidentali. Loro si sprecano poco in chiacchiere.
Fatto sta che Kayo approda in Italia e diventa in poco tempo perugina: urla, gesticola, fa anche le carezze e rutta. I giapponesi non si fanno troppe coccole perchè, a detta di Kayo, “si gli fa subito duro ai giovani giappotti”. Il sogno erotico di ogni giappponese con una intelligenza erotica che si rispetti, è quello di andare a letto con una occidentale. Eccomi, penso. Ne vedo tanti in giro. Ma come faccio a capire se sono cinesi o giapponesi? Rischio che mi becco il giapponese taroccato che mi cucina, in casa mia, solo pollo flitto e involtini plimavela.
Tornando a Kayo, visto che in giro non si vede altro che una massa di “morti di fame” e dopo esserci rese conto che ormai il nostro standard si è alzato, dalla banconota alla carta di credito, decidiamo che una birra ce la prenderemo in un locale “diverso”. Arcygay. L’armadio esplode di vestiti. Come ci si veste per questi posti? Domanda che mi ha posto tempo fa una mia ex coinquilina che, per carnevale, ha sparato: “perchè non ci vestiamo da lesbiche?”. No comment. Ti vesti da panda se continui a sparare cazzate del genere: ti faccio tutti e due gli occhi neri!
Colombina lesbo a parte, torniamo alla serata Takeda all’arci. Arrivate all’entrata i due minotauri con la patata sprecata, dicono che Takeda non può entrare. Perchè? Non ha la tessera. Ma lei torna in Giappone tra una settimana. A cosa le servirà nelle serate ad Osaka, tra una puntata di Nana, un’uscita con la sorella e il suo fidanzato (nipote del samurai, “ricco sfondato di soldi”)? A nulla. E poi Mineko ha pianto già troppo. Se le viene il dubbio che la figlia si sia immedesimata troppo con Brian Molko dei Placebo, il rischio è che le sbonze di Sake se le farebbe anche lei.
Tornando all’acidità dei due minorauri all’ingresso, con tanto di sorriso malizioso ai nostri culi, ci dicono che l’unica soluzione – oltre a quella di una conoscenza più approfondita nella famosa posizione orizzontale – è il fare la tessera. Cinque euro per essere un’arci lesbica. Otto per arci nazionale. Brian Molko è bisex, forse è il caso che ti fai quella da 8 che non si sa mai Takeda. Otto euro per la confusione sessuale te li scordi. C’è una tendenza comune, in genere: quando isoli qualcuno, dopo poco tempo ti rendi conto che, per quella o quelle persone, la cosa diventa normale. E così i gay.
Lo fanno da soli. Bravi e buoni, ma soprattutto vittime degli etero, carogne e maledetti. Come se gli etero stessero così tanto a parlare dei gay e ad inventarsene delle nuove per negargli i loro diritti. Una birra sola e succede tutto questo casino. Andiamo al Rock Castle, che almeno qualcuno socievole lo troviamo. Qualcuno che offra un paio di cicchetti, prima di farsi dimenticare al bancone con un nuovo numero di telefono. Inesistente.
Raffaella Milione – IMGPress